Ufo Robot Goldrake Recensione: il doppiaggio è super, ma da solo non basta (2024)

Ufo Robot Goldrake Il banchetto dei lupi è esattamente ciò che sembrava essere: un omaggio alle celebri serie manga e anime di Go Nagai. Nulla di più, nulla di meno. Fin dal primo annuncio era già parecchio intuibile che il gioco di Microids avrebbe solleticato la nostalgia dei fan a cui è dedicato. Con piena consapevolezza di quello che potevamo aspettarci, abbiamo quindi mangiato "libri di cibernetica" e "insalate di matematica", e concluso il prodotto completo, scoprendo un titolo con evidenti limiti di gameplay ma che ha dalla sua un bel po' di cuore, soprattutto per quanto riguarda la tanto (legittimamente) elogiata traduzione in italiano.

La storia e il doppiaggio

Il fenomeno Ufo Robot è stato un punto di svolta per l'importazione di anime e dei manga in Italia. Persino figure illustri come Gianni Rodari e Dario Fo nel 1978 si diedero battaglia (ideologica) discorrendo della trama, dell'effetto che aveva sui ragazzi, dei valori che il protagonista Actarus insegnava con le sue gesta agli spettatori.

Quarantacinque anni dopo, oggi, quegli stessi valori, quella trama e gran parte dei personaggi che la resero celebre sono stati trasposti in videogioco con assoluta fedeltà. Il banchetto dei lupi riassume infatti buona parte dell'incipit della serie animata, il suo primo arco. Pur non essendoci, dopo così tanto tempo, rischio effettivo di "fare spoiler" preferiamo darvi solo il contesto di base. Il principe Duke Fleed, il protagonista, è costretto a fuggire dal lontano pianeta Fleed durante un'invasione del popolo di Vega. Arrivato per caso sulla Terra, l'alieno viene rinvenuto dal dottor Procton (Genzo Umon), che lo adotta e lo rinomina Actarus (Daisuke Umon). Lo scienziato gentile lo aiuta a nascondere la sua identità e il suo tesoro: il gigantesco robot Goldrake. Dopo pochi anni di pace, la fame di conquista dei veghiani li conduce proprio sul nostro pianeta, dove Actarus si è ambientato talmente bene da volerlo difendere a ogni costo. Perciò pilotando Goldrake, aiutato da Procton e da altri ricercatori, inizia una lunga lotta contro Re Vega e i suoi scagnozzi, tutti desiderosi di mettere le mani sull'arma "Goldrake".

La storia originale prosegue per oltre 70 episodi, ma il gioco dura appena 5 ore circa, che possono comunque aumentare un po' se si segue la strada del completismo e si cercano tutti i collezionabili. Potrebbe sembrare una durata esigua, ma a causa di una certa ridondanza ludica e contenutistica, è meglio così. Le vicende sono raccontate tramite filmati di qualità, la cui regia attinge a piene mani da quella dell'anime (o "cartone", come si diceva una volta) proponendo inquadrature quasi sovrapponibili a quelli dell'opera originale.

Per quanto il comparto visivo, alla cui realizzazione ha collaborato anche l'illustratore ufficiale di Goldrake Philippe Dessoly, sia aderente ai design originali di Go Nagai, per noi il vero protagonista dell'immersione nel mondo di Goldrake è l'audio. Le colonne sonore sono stratosferiche, pronte a esplodere nelle casse dei Goldrake-maniaci come nel 1978, quando in Italia l'LP con la prima sigla di Atlas Ufo Robot infranse il tetto del milione di copie vendute. Senza contare che il doppiaggio curato da Giorgio Bassanelli Bisbal è perfetto.

Non poteva essere altrimenti: nella nostra intervista, Bassanelli ci ha aiutato a comprendere la profondità del suo impegno, della sua dedizione al progetto e al personaggio di Goldrake in generale, come fan oltre che come professionista. Sotto la sua direzione i doppiatori sono stati in grado di riprodurre l'atmosfera dell'anime originale. Per questo tutti i dialoghi di gioco sono magnificamente doppiati "alla vecchia maniera". Quindi usando frasi e parole scandite con fare solenne e arcaico, lentezza e teatralità, senza disdegnare termini ed espressioni ad oggi desuete.

La grafica e il gameplay tripartito

Purtroppo, Ufo Robot Goldrake Il banchetto dei lupi inciampa sul piano ludico. Il gameplay piuttosto scarno è infatti la ragione per cui, nonostante siamo rimasti tanto colpiti da doppiaggio e direzione artistica, il voto in calce è appena sufficiente. Non è una questione legata all'impatto grafico, ve lo anticipiamo. Il motore, per quanto non modernissimo, fa il suo dovere per rendere vivi i fondali su cui Goldrake si muove e combatte. Le texture sono pulite, coloratissime e sature come nel cartone animato.

Per ricordare ulteriormente i flash degli anime di quel periodo, l'effettistica è sfavillante e sempre molto luminosa, e i particellari non mancano di riempire la scena. Su PS5 la fluidità si mantiene stabile e i modelli si caricano quasi sempre senza fenomeni di pop-up a breve distanza. Ogni tanto abbiamo sperimentato una compenetrazione di troppo tra personaggi e fondali e qualche bug, che però sarebbero, a detta di Microids, già in fase di fix tramite prossimi aggiornamenti. Gli sviluppatori ce l'hanno messa tutta per diversificare l'offerta ludica, dividendo i capitoli della trama in tre porzioni separate, ciascuna appartenente a un genere diverso. Ci sono le fasi shooter in tre dimensioni, nelle quali controllare il robot mentre vola lungo i binari di un percorso prefissato, disseminato da nemici a cui sparare e ostacoli da evitare. In alternativa, se siamo a bordo del TFO (Test Flying Object) del giovane pilota Alcor (Koji Kabuto in Giappone) lo sparatutto passa alla visuale a volo d'uccello, come gli shoot'em up di una volta. Infine c'è la parte principale, nonché più riuscita, di Goldrake, ossia la sua natura da action 3D in terza persona, con la telecamera posta alle spalle di Atlas Ufo Robot.

Ciascuna porzione di questo tipo è ambientata in arene dai confini ben delineati, eppure abbastanza estese per riempirle con collezionabili nascosti e piccoli eventi secondari. Ci sarebbe piaciuto spostarci sulla mappa volando, ma il famigerato UFO accessorio del mech non è utilizzabile a nostro piacimento nelle sezioni action. Il level design, comunque, è basilare anche per ragioni strettamente ludico/narrative.

Ufo Robot Goldrake Recensione: il doppiaggio è super, ma da solo non basta (6)

D'altronde, l'unico a torreggiare su automobili, vegetazione, case e nemici è (e deve essere) il gigantesco protagonista Goldrake. In effetti, vedere il robottone correre su "prati di alberi", trattare le automobili come macchinine giocattolo e bagnarsi appena le ginocchia in alto mare fa un certo effetto.

Botte, ripetitive, da Robot

Pur con la diversificazione in tre generi distinti, purtroppo, il gameplay di Il banchetto dei lupi è molto elementare, anche nelle sezioni che abbiamo definito più interessanti, quelle Action in 3D, che regalano qualche soddisfazione sempre e solo in ottica nostalgica. Goldrake può dare pugni esibendosi in una sola combo, usare le lame spaziali a distanza, compiere una sorta di presa e sfruttare finisher iconiche come l'Alabarda Spaziale. Infine può schivare i colpi, e se ci riesce col giusto tempismo, si attiva un classico "bullet time".

Certo, quando sentiamo per le prime volte il pilota che grida come nell'anime, tra Alabarde e Tuoni Spaziali, Magli perforanti e Lame rotanti, il tasso di epicità rétro sale a dismisura, così come il desiderio di sbloccare le nuove opzioni sul piccolo albero delle abilità. Poco importa se per ottenere le iconiche Ultimate, bisogna farmare per decine di minuti elementi rari, sconfiggendo mostri opzionali tutti identici fra loro, esplorando le mappe in cerca di piccoli giacimenti, o portando a termine missioni fotocopiate. C'è scorta il carico, abbatti tutti gli obiettivi o supera le ondate di mostri. Non sono esempi, sono proprio gli unici tre tipi di incarichi disponibili. La ripetitività che aleggia in tutto il gioco non risparmia nemmeno i combattimenti. Provare a variare l'alternanza di combo con schivate e finisher non è particolarmente utile ai fini del gameplay, perché gli avversari non si rivelano mai davvero pericolosi. Le tipologie di nemici si contano sulle dita d'una mano e i loro moveset sono altrettanto scarni e poco vari. Spesso il giocatore è costretto ad abbattere alcuni mostri più coriacei eseguendo obbligatoriamente una sequenza di lama, pugno e raggio antigravità.

Potrebbe sembrare, sulla carta, una variazione utile a movimentare le battaglie, se non fosse che questi avversari sono esteticamente identici agli altri, eccezion fatta per un indicatore che svela la mossa da compiere per abbatterli. Dulcis in fundo, i nemici non rispondono adeguatamente alle nostre mosse, e si limitano a subirle indietreggiando e sbilanciandosi sempre allo stesso modo. Per fortuna c'è il raggio antigravità, che perlomeno li fa galleggiare in aria!

Ufo Robot Goldrake Recensione: il doppiaggio è super, ma da solo non basta (10)

Di contro, le animazioni di Goldrake sono numerose, diversificate e ben caratterizzate. Anche il feedback dei colpi messi a segno sa essere convincente, anche se non sfrutta a dovere la vibrazione aptica del Dualsense. Purtroppo, non è facilissimo accorgersi delle sferzate che subiamo. Benché il gioco proponga sempre un grado di sfida semplicissimo, capita comunque di trovarsi ogni tanto con la barra della salute prossima allo zero senza rendersene conto, dato che l'impatto dei colpi avversari è poco avvertibile.

Il discorso non varia più di tanto nemmeno per le Boss Fight, che vanno combattute in un'apposita arena. I protagonisti sono gli iconici Mostri robotici di Vega, gli unici che nel cartone riescono a mettere Actarus con le spalle al muro. Tentacolati e con teste di drago sputafuoco, a forma di disco volante o di tartaruga, comunque sono tutti ben rappresentati, ma ancora una volta non temibili.

Ogni tanto, poi, sembrano bloccarsi del tutto mentre assorbiamo l'energia solare per curarci. In breve tempo, senza sudare troppo, si assiste a uno spettacolare filmato pre renderizzato, in cui Goldrake abbatte il gate keeper e mostra tutta l'agilità e la forza combattiva che lo contraddistingue. Viene da chiedersi dove la nasconda mentre lo comandiamo noi giocatori, che invece siamo bloccati dietro una sequenza infinita di pugni tutti uguali.

Quanto ai momenti shooter, purtroppo c'è ancora meno da dire. Soffrono la ripetitività persino più delle fasi action. Le sequenze da bullet hell avrebbero potuto intrattenerci un po' di più, se il gioco non avesse distribuito medikit in quantità, azzerando ancora una volta ogni sensazione di sfida. Persino i più giovani o i meno esperti potrebbero sentirsi troppo "tenuti per mano".

È chiaro, arrivati a questo punto, che Ufo Robot scelga volutamente di abbandonare qualunque ricchezza ludica per rivolgersi a uno specifico pubblico di riferimento. Non c'è niente di male nel voler semplificare ogni aspetto e intrattenere soltanto i fan più accaniti, anche perché le intenzioni di Microids sono sempre state cristalline. Crediamo sia importante però non utilizzare il fanservice come giustificazione per la superficialità. E in questo caso, Ufo Robot Goldrake avrebbe potuto bilanciare meglio le sue componenti.

Ufo Robot Goldrake Recensione: il doppiaggio è super, ma da solo non basta (2024)
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Author: Madonna Wisozk

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